Comparare: il male della nostra società

Comparare, è una delle cose che facciamo più spesso. Compariamo soluzioni, stipendi, voti, e ancora culture. Comparare è una delle doti di cui ci siamo muniti, un po’ per sopravvivenza, un po’ per pressione.

È ritenuto un comportamento naturale e accettabile, ma siamo sicuri che non sia un comportamento nocivo? Mi riferisco agli effetti della comparazione.

In prima istanza, c’è da chiedersi: perché compariamo una cosa diversa da un’altra?

Sapete una di quelle frasi che ti rimangono impresse, insieme a un pacchetto di ricordi annebbiati? Ecco, nelle mia facoltà di ingegneria si diceva spesso una frase:

“così stai comparando mele con pere”

Naturalmente si riferisce nell’ambito matematico, bisogna fare attenzione a non comparare due cose lei cui premesse e condizioni sono diverse.

L’errore in cui si incorre non solo in ambito matematico, è quello di comparare mele con pere. Risultato? Si traggono conclusioni affrettate, superficiali a cui seguono spesso effetti negativi.

Vi racconto un aneddoto. Avete presente la pizza che è famosa in tutto il mondo, quella fatta da stranieri? Pizza La, Pizza Hut, Domino pizza etc. Immaginatevi queste catene in Giappone, quindi con anche un pizzico di cultura orientale. Un melting pot di culture che non ti aspetti. Le prime volte che ordinavo da queste catene, cercavo sempre di trovare qualcosa simile alla nostra. Un pericoloso mix di alghe, aspettative e comparazione: aspettano grandi delusioni a tutti quelli che approcciano la pizza Americanese con quegli ingredienti.

Un giorno però, quando ordinai l’ennesima pizza con riso pestato e fiocchi di nori ebbi una rivelazione. Pensai che quella cosa rotonda era così diversa da come noi la conosciamo, che non poteva essere chiamata pizza. Era così, come se gli alieni avessero creato qualcosa senza conoscere la civiltà umana, e l’avessero chiamata come PIZA, il quale suono può essere vagamente riconducibile alla pizza, ma solo il suono. Ma quanto era deliziosa questa pseudo pizza! A parte i minuti piacevoli trascorsi, per me è stato un po’ un epifania: spogliarsi da ogni pregiudizio derivato dal comparare, mi aiutò a vedere le cose in modo completamente diverso, cioè per quello che veramente sono.

Il bello è che questa cosa non si applica solo alla pizza Americanese, ma si può provare ad utilizzare con tutto: basta pensare che sia una cosa diversa e non è necessario fare paragoni.

Immaginatevi un povero Giapponese che si accinge a mangiare il Sushi Cino-Italiano: non sono sicuro che senza questo trucco riuscirebbe a gustarsi tutta quella Philadelphia ricoperta di sesamo.

Detto questo a me succede di comparare Italia e Giappone, ma so che non dovrei farlo. Quando mi si chiede preferisci qua o là? Faccio sempre un po’ fatica a rispondere: sono due posti diversi, con i pro e i contro. In ogni caso, una persona flessibile può adeguarsi.

Certo se paragono la burocrazia Italiana a quella Giapponese, mi sento tanto male. Magari anche una paio di idee perché le cose funzionano molto meglio ce le ho. Ma non è che vado dalla sciura del Comune di Milano in Piazza Cesare Beccaria, che se fosse per lei sarebbe tutto su carta come la nota della spesa (parole testuali), a dirle di fare un training in Giappone. Non posso neanche giudicarla più incompetente di una sciura in Giappone, perché chi mi dice che non è sottopagata, magari nessuno ha pensato alle procedure per lei o magari è esausta dallo scrivere a tastiera.

Quindi ecco, sì alla comparazione, ma con qualche precauzione in più non guasta. Alla fine conviene sempre essere abbastanza specifici per diminuire il rischi di incorrere in luoghi comuni.

Esempio: é auspicabile evitare frasi come: “l’Italia funziona molto peggio del Giappone, siamo indietro anni luce” – parole testuali dei colleghi che tornano dal lontano Oriente.

Si potrebbe invece dire, più precisamente: “in Italia convertire la patente è un processo molto più dispendioso in tempo e soldi (e mentale), anche con un certo fattore di incertezza, mentre in Giappone è un processo abbastanza facile”.*

Ci sono comunque cose che in Italia funzionano meglio. Tipo… Eh ecco, quello sì dai quello. Lo sai, ecco quello.

A parte gli scherzi si rimane stupiti piacevolmente quando l’assenza da lavoro per un operazione viene comunicata direttamente dalla clinica all’Azienda, e ce lo si ritrova già segnato nelle assenze (in Giappone probabilmente dovresti usare qualche giorno dalle tue ferie per poi presentarti in ufficio in stampelle).

Ecco miei cari amici, spero di avervi dato un pò di indizi per apprezzare meglio quello che ci circonda.

E voi? Cosa ne pensate del comparare?

Fonte: https://gigazine.net/gsc_news/en/20140826-pizzahut-mochipote-mentai/

*Italia: richiedere traduzione in ambasciata (36 euro), ritirare traduzione in loco dopo una settimana, andare a fare foto, andare ai tabacchi per il bollo (16 euro), prenotare Ufficio di Legalizzazione almeno un mese prima, richiedere vidimazione con ritiro in giornata, andare in un’Agenzia con uno sfacelo di documenti, spiegare alla sciura perché hai la patente Giapponese, fare la richiesta (180 euro ma può costare anche molto di più), avere incertezza su quando arriverà la patente, andare a correggere un documento ed aspettare che la sciura torni da fare la spesa oltre l’orario dell’appuntamento, sentirsi dire che potrebbero non essere in grado di tradurre i nuovi modelli, andare a ritirare la patente dopo un mese? Non si sa. Alternativa all’agenzia sarebbe la Motorizzazione, che mi risulta sia uno dei posti da evitare.

Giappone: richiesta traduzione online JAF (4400 yen), stampa in qualunque mini market (almeno una settimana), foto dalla polizia e applicazione (4800 yen) ed in giornata boom hai la patente.