natale 2

parte 1

E lo cercai. Lo cercai in lungo e in largo. Arrivai troppo tardi e i proprietari mi dissero che si era trasferito ma non sapevano dove. A nulla valsero gli annunci appesi tra le strade del quartiere, le giornate che passavo alla stazione, gli articoli di giornale scorsi nella speranza di leggere il suo nome.

Di lui non seppi piu niente.

Poi arrivò la guerra. Le città bombardate, la tristezza per le strade e la malattia della zia mi lasciarono un grande vuoto.

Nel ’47 il dolore allentò la presa. Trovai Lei. Bellissima visione di quel lontano sabato sera di nebbia, al 25 di Worcester Street, la vidi scendere da una Cadilac serie 42, dolce figura dalle labbra rosse e dallo sguardo misterioso si nascondeva delicata sotto un cappello bianco, un fazzoletto da collo, e un lungo vestito color crema.

Dà quel giorno la mia vita continuò a migliorare, l’economia dava i primi segni di ripresa, il tempo cercava di alleviare le ferite di guerra e presto avrei avuto una famiglia.

Ma c’era ancora qualcosa che mi mancava, trovare quel ragazzo: era come se il destino mi avesse irrimediabilmente legato a lui.

Fu così che mi ritrovai ancora una volta a Badbury Street, questa volta era la Vigilia del ’48. Il suono della neve, la magie nelle strade, quella sensazione di essere a casa, non erano cambiati. Quando la gente non aveva più niente in cui credere, quando si sentiva ancora il peso dei giorni passati e dei parenti scomparsi, succedeva il miracolo, il Natale. L’albero di Green Square era ancora lì, come se non si fosse mai mosso in questi anni, i cori gremivano le strade diffondendo note di gioia e di speranza, le porte mostravano ghirlande come a voler annunciare che qualcosa di speciale stava accadendo. E luci abbracciavano la città con discrezione, la neve si poggiava lenta sulle strade soffici, il tempo rallentava accompagnato da un concerto di luoghi e persone.

E quel Natale fu veramente speciale per me..

E non fu perché intonai le note di Frosty The Snowman con un coro di strada, non perché decisi di assistere allo spettacolo dei ragazzi dell’oratorio né perché tirare una palla di neve riportò a galla vecchi ricordi d’infanzia.

Passeggiavo sovrappensiero quando mi ritrovai di fronte a un’inferriata imponente. Mi fermai ad osservarla: sarà stata alta almeno un dodici o tredici piedi ed era così fitta che non si riusciva a guardare oltre. Poco più in là un cancello aperto e la scritta “Cimitero”.

Decisi di entrare, non avevo una meta precisa. Camminavo mani dietro la schiena e leggevo quelle scritte su fredde tombe.

Nomi e cognomi di persone vissute, anime nell’etere, anche loro si meritavano un pò di attenzione in questo giorno di allegria.

Li guardavo negli occhi, e cercavo di leggerci la loro storia e i loro pensieri. Poi mi ripetevo le date, gli epitaffi e mi immaginavo. Mi soffermai su una tomba in particolare, non mi sbagliavo, era il nonno di quel ragazzo.

Mi sembrava di vederlo lì, seduto a qualche metro di distanza, a parlare del più e del meno. Un sorriso un pò forzato e una faccia adulta, non era più il bambino che avevo visto. E poi parlava della nonna, dei suoi problemi, si augurava che il nonno stesse bene. Ogni tanto chiedeva “bhè tu come stai?” E aspettava qualche secondo che la riposta arrivasse, quindi chinava la testa quando realizzava che non fosse vicino a lui.

Chissà dove era finito, forse era ancora tra noi, forse se l’era portato via la guerra come aveva fatto con tanti. Forse adesso era con suo nonno. Lasciai due fiori, uno per lui, uno per il nonno.

Da quel giorno non lo cercai più. Una lacrima scendeva lenta, come quella di tanti anni fa, in questo splendido, dolce Natale…

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